Testimonianze dal Ghana: Angela, volontaria in Ghana con il VIS

Angela ha 27 anni ed è stata due volte in Ghana: la prima tramite il Charity Program dell’Università Cattolica e la seconda come tirocinante per il VIS. Attualmente è una volontaria in Servizio Civile presso il VIS ed è in attesa di poter partire per l’Angola[1]

Ciao Angela, ti va di raccontarci della tua prima esperienza in Ghana?

Io ho studiato Cooperazione allo sviluppo in Cattolica dove i nostri professori ci hanno proposto di partecipare al Charity Program. Il programma prevedeva la possibilità di fare un servizio di volontariato dalle 2 alle 4 settimane, con borsa di studio totale offerta dal CeSI (Centro di Ateneo per la solidarietà internazionale), in America Latina e Palestina. Per l’Africa invece c’era la possibilità di fare un vero e proprio tirocinio di due mesi tramite il VIS, nello specifico in Ghana. È stato quindi grazie al Charity Program che ho conosciuto il VIS.

Di cosa ti occupavi durante il tuo primo periodo in Ghana?

Eravamo due tirocinanti, io e un ragazzo di giurisprudenza, e abbiamo seguito la campagna di sensibilizzazione “Stop tratta” del VIS, la campagna nello specifico aveva lo scopo di contrastare la migrazione irregolare attraverso attività di informazione e sensibilizzazione sui rischi del viaggio. Noi, in quanto tirocinanti, ci occupavamo di produrre contenuti per aiutare le persone ad essere consapevoli ai rischi legati alle partenze in canali irregolari. Inoltre, abbiamo formato degli animatori tramite i quali diffondere informazioni relative al percorso di tratta. I contenuti servivano anche a correggere l’idea che c’è della migrazione, anche solo semplicemente correggendo certi tecnicismi che venivano usati in maniera errata: ad esempio spiegare la differenza tra migrazione illegale e irregolare.

Essendo stato il programma breve, c’è stata anche una parte mia per capire come funzionava il paese per poi iniziare a fare qualcosa che potesse essere utile. La parte positiva di questo programma è che, essendo un tirocinio vero e proprio e, nonostante non ci fosse una formazione nostra – io non avevo competenze specifiche per capire per esempio come funzionasse un budget o come scrivere un progetto – per me è stato illuminante: mi sono ritrovata di fronte ad un progetto scritto della CEI (Conferenza episcopale italiana).

Oltre ad occuparci della campagna di sensibilizzazione, abbiamo insegnato italiano in un centro estivo delle sorelle salesiane di Don Bosco. L’idea del Capo progetto era quella di farci interfacciare con il mondo della cooperazione per farci capire come funziona ma accostandolo comunque al volontariato (giocare con i bambini, insegnare inglese, etc.).

Poi l’anno scorso hai deciso di ritornare in Ghana sempre con il VIS, di cosa ti sei occupata?

Si, nel 2019 da febbraio ad agosto sono tornata in Ghana per svolgere un tirocinio con il VIS. In questo caso era stato vinto un bando dell’Unione Europea volto a rafforzare la comunità locale che andava di pari passo al Progetto “Stop tratta” finanziato dalla CEI. Il progetto prevedeva che i membri della comunità potessero iniziare un corso, soprattutto in ambito di agricoltura organica e costruzione di green house, che permetteva poi – a coloro che superavano gli esami – di accedere ad un programma di microcredito.

Io e la ragazza che svolgeva il tirocinio con me ci occupavamo nello specifico di organizzare la campagna di sensibilizzazione, che procede sempre parallela al progetto. Per fare questo siamo andate in diverse scuole e in diversi centri dei salesiani (oratori, chiese, etc.), noi ci occupavamo anche della parte logistica. Nel 2019 noi tirocinanti ci siamo occupati di trovare e coordinare delle persone locali che potessero portare la loro testimonianza, fra queste persone c’era anche chi era stato più volte in Libia o che era arrivato in Italia ma non era riuscito ad ottenere i documenti. Inoltre, abbiamo seguito le attività per il lancio del progetto fornendo un supporto al capo progetto. Io mi sono occupata anche del sostegno a distanza del centro “Boys Home” che ospita una decina di bambini vulnerabili, che hanno una famiglia che però non riesce a mandarli a scuola, e quindi i salesiani si occupano di assicurargli l’accesso all’istruzione. Io ero la referente al collegamento con il VIS di Roma per il sostegno a distanza, loro mandavano soldi al centro – attraverso campagne di raccolta fondi – per l’acquisto di libri e materiale scolastico. Anche durante questa esperienza ho svolto delle attività ordinarie di volontariato per rimanere in contatto con i beneficiari.

Io vivevo a quattro ore da Accra, in una regione in cui molte persone non avevano mai visto bianchi, quindi può capitare che ti tocchino, ti osservino e ti facciano domande. Il volontariato di breve periodo quindi può costituire quell’esperienza intermedia per chi vorrebbe poi fare un percorso finalizzato al lavoro in una ONG.

Fare 2 mesi, 6 mesi può essere utile. A me è andata bene, dai salesiani avevamo tutto: acqua corrente, internet, etc. però non è sempre così. Questo dipende dal tipo di organizzazione che ti ospita. Io mi sono trovata benissimo perché era un ambiente molto variegato, anche con i colleghi, nonostante tu debba vivere h24 con le stesse persone con le quali lavori, trovare delle persone “prese bene” rende l’esperienza unica. Io ho sempre la voglia di tornare, ora sono bloccata da marzo per via del Covid-19, ma ho voglia di ripartire anche se sono consapevole che vista l’emergenza sarà più difficile fare le attività.

Riesci a darci anche qualche informazione pratica sulle esperienze che hai fatto da condividere con chi vorrebbe intraprendere un percorso simile al tuo?

Il Charity Program prevede delle prove selettive, a noi del Ghana è stato pagato l’alloggio, l’assicurazione sanitaria e il vitto. Io ho dovuto sostenere le spese per il volo e per le mie spese personali in Ghana. Il programma ti mette subito in contatto con il capo progetto che ti spiega come funziona anche la parte delle vaccinazioni, vieni indirizzato all’ASL del tuo paese che, in base alla regione di provenienza, prevede l’esenzione per alcuni vaccini. Il Charity Program è un programma riservato agli studenti dell’Università Cattolica.

Quando sono partita per il tirocinio con il VIS ho dovuto pagare il volo mentre mi garantivano il vitto, l’alloggio e un pocket money. Il VIS ha una convenzione sia con la Cattolica che con l’Università di Pavia che permette di fare delle esperienze di breve periodo per la ricerca tesi o per il tirocinio. Il pocket money non è sempre compreso, a volte anche il vitto e l’alloggio sono a carico proprio, dipende dal tipo di esperienza. Il VIS è una ONG laica ma che lavora con i salesiani quindi di base si vive e si lavora nei loro ambienti. I salesiani hanno molti volontari tedeschi e austriaci in Ghana, in Germania questi programmi di volontariato sono molto più conosciuti e riconosciuti (soprattutto).

Quali difficoltà hai trovato in Ghana?

La questione linguistica può essere un limite, loro parlano inglese ma è un inglese molto diverso da quello a cui noi siamo abituati (scolastico), c’è molta influenza dialettale. Nelle zone rurali non tutti parlano inglese e quindi ti devi spesso avvalere dell’aiuto di traduttori che a volte stravolgono quello che dici, perché già la traduzione in sé ha questo problema.

Un’altra difficoltà è stata la percezione del tempo che hanno loro, noi siamo abituati ad orari d’ufficio diverso o a far le cose in dei tempi molto ristretti. Loro non hanno una concezione del tempo così scandita, si fa tutto con calme e, come dicono loro, “se Dio vuole”. Il loro modo di lavorare è diverso, questo non vuol dire che sia sbagliato, e quindi questo inizialmente è pesato un po’. Questa diciamo che è stata un po’ la difficoltà della prima volta, l’impatto iniziale dei primi mesi, poi quando ritorni inizi a adattarti. All’inizio può essere visto anche in maniera un po’ negativa – dal punto di vista lavorativo – però può essere anche un po’ ribaltato sul loro modo di vivere. Loro hanno una pazienza infinita, ad esempio se rimani bloccato nel traffico per 5/6 ore – succede anche per percorrere brevi distanze – o se devi fare la coda di due ore per andare dal dottore o in un ufficio, loro non si stressano. Credo che sia una parte della loro cultura, anche per fronteggiare le mancanze degli uffici pubblici, o i problemi di collegamento stradale e di traffico.

Consideri il Ghana un paese pericoloso?

Assolutamente no, mi sono sentita più volte in pericolo a Milano. In Ghana, non eravamo ad Accra, stavo in una zona non turistica. Ovviamente tutti i posti possono essere pericolosi, ma io – anche come donna sola – non ho mai avuto paura in Ghana. Non è una zona in guerra, non ci sono conflitti etnici, ci possono essere furti ma questo può avvenire ovunque.

Un consiglio che daresti a qualcuno che vuole fare un’esperienza in Ghana?

Partire senza nessun tipo di pregiudizio e con un’apertura totale nei confronti della popolazione. Non avere aspettative e soprattutto non farsi spaventare dal “diverso”.

Qual è stato il tuo primo impatto con il Ghana?

I colori, le stoffe che hanno, il modo di vestire. La luce delle persone in generale: tutti variopinti, tutti sorridenti. Mi sono sentita subito a casa.

Se dovessi costruire il tuo paese perfetto, cosa porteresti dal Ghana e cosa dall’Italia?

Le stoffe dal Ghana, che mi sono portata anche in Italia e continuo a indossare.

Dall’Italia il cibo. A loro non piace il cibo italiano ma a me è mancato tanto. Tornata in Italia il riso e il pollo non li ho più voluti vedere. Però del Ghana mi piace il concetto di condivisione del cibo e il mangiare con le mani.

Qual è la cosa più strana del Ghana?

I funerali. Le loro tombe sono stranissime, in base al tuo hobby/passione ti fanno una tomba della forma di un oggetto che lo rappresenti, ho visto tombe a forma di razzo, di telefono, di palle, di sigarette, etc. Il funerale in Ghana è un evento che supera il matrimonio, le persone chiedono prestiti per farli, sono delle vere e proprie feste.

Avevi qualche stereotipo sul Ghana prima di partire?

In realtà no, più che altro non avendo bene idea di quello che poteva essere il Ghana, avevo forse l’idea – prevenuta – di non trovare l’acqua o che mancasse l’elettricità. Vivendo li poi questa paura mi è passata, certo a volte i servizi possono venire a mancare ma hanno delle soluzioni per far fronte a questi problemi, come per esempio i generatori.

Riesci a descrivere il Ghana con un’immagine, un suono e un odore?

Il suono delle galline la mattina che ti svegliano. L’immagine la terra rossa. Un odore è quello della loro salsa piccante, lo shito, che mettono ovunque.

Un ricordo del Ghana?

È quello della prima volta, i bambini che ti toccano e ti dicono “Come sei mollo, sei uguale al pane” o che ti chiedono se i tuoi capelli sono veri.

Se potessi scegliere, dove ti piacerebbe vivere?

Per adesso fuori dall’Italia. Anche dopo questo periodo di permanenza forzata nel paese a causa della pandemia, ho capito che cerco la felicità che ho trovato lì, o comunque facendo questo tipo di esperienza. Questo è il mio concetto di felicità. Non lo posso spiegare o raccontare quello che io ho vissuto là, né tanto meno fare in modo che gli altri capiscano. Ma io l’ho vissuto e per ora la mia idea è quello di vedere più paesi possibili.


[1] Tutte le partenze del Servizio Civile sono state rinviate a causa dell’emergenza Covid-19

A cura di Veronica Giordani

 

 

 

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