BREVE ANALISI DEL CONTESTO LINGUISTICO AFRICANO

Si stima che in tutto il mondo esistano 6000 lingue e che un terzo di queste siano africane.

L’Africa è senza ombra di dubbio il Continente con la maggior varietà linguistica. A causa del dibattito aperto sulla distinzione tra lingua e dialetto non è possibile quantificare esattamente il numero di lingue parlate nel territorio africano, tuttavia si stimano essere tra le 1200 e le 2000. Questo significa che il 20-30% delle lingue presenti nel mondo sono africane, il 90% di queste però vengono considerate lingue minoritarie, ovvero ognuna di esse è parlata da meno di 10.000 persone.

Il numero di lingue parlate in Africa varia in maniera esponenziale tra i diversi Paesi. Le due nazioni più popolose del Continente sono l’Egitto e la Nigeria che rappresentano due estremi opposti in fatto di varietà linguistica al loro interno, questo a dimostrare che il numero della popolazione di un Paese non è direttamente proporzionale alla varietà linguistiche presenti nel suo territorio. L’Egitto è un Paese che può essere considerato monolingue in quanto la quasi totalità dei suoi abitanti parlano l’arabo (nelle sue molteplici varianti) e solo meno dell’1% della popolazione parla altre lingue egiziane come il domari, il nobiin, il bedawi, il siwi e il copto. Invece, in Nigeria sono parlate più di 500 lingue diverse, l’80% delle quali risultano essere lingue minoritarie parlate però da più del 60% della popolazione (Lewis 2009). La maggiore varietà linguistica in Africa viene registrata nell’area vicino all’equatore, per la precisione nella regione dei tropici che si estende tra il 30° parallelo a nord e 30° parallelo a sud dall’Equatore (Platnick 1991).

LINGUE AFRICANE

Che cosa si intende per lingue africane? La definizione più in auge di Lingue africane la troviamo in “The Languages of Africa” di Joseph H. Greenberg (1963), dove le lingue africane vengono divise in quattro grandi ceppi linguistici: Afro-asiatiche, Niger-Congo, Nilo-sahariane e Khoisan. Le lingue del Niger-Congo sono le più parlate, mentre le Khoisan sono le meno diffuse. Ogni ceppo linguistico può essere a sua volta suddiviso in famiglie linguistiche, ma molte lingue africane sono difficilmente classificabili e quindi non appartengono a nessuna famiglia. Alcuni esperti sostengono che anche alcune lingue di origine Euro-asiatica debbano essere incluse tra le lingue africane in quanto hanno un forte impatto politico e culturale nel Continente. Tra queste non solo l’inglese, il francese, lo spagnolo e il portoghese ma anche l’olandese, l’italiano e una serie di lingue indiane quali il marathi, il bhojpuri/bihari, l’awadhi, il rajasthani, il tamil, il gujarati e l’hindustani.

Se teniamo come punto di riferimento la teoria di Greenberg risulta però che una serie di lingue non ricadono nella classificazione di lingue africane.

 Un primo gruppo di lingue “escluse” è composto dalle lingue Semitiche in quanto hanno origine fuori dal continente africano. Le lingue semitiche dell’Etiopia arrivarono in Africa dall’Arabia 2.800 anni fa, mentre l’arabo si diffuse nel Continente grazie all’espansione dell’Islam avvenuta nel VII sec. Secondo “escluso” il Malgascio, lingua austronesiana che durante il primo millennio si diffuse attraverso l’Oceano Indiano fino ad arrivare in Madagascar (di cui è attualmente la lingua ufficiale), alle isole Comore e alle isole Mayotte. Terzo “escluso” il gruppo delle lingue Indo-europee diffuse in Africa dai missionari e dai colonizzatori a partire dal XVI secolo, alcune delle quali sono oggi lingue ufficiali di Stati africani. Ma c’è anche un quarto gruppo di lingue “escluse” ovvero quelle portate in Africa – sempre durante il periodo coloniale – dai lavoratori immigrati provenienti dal Sud Est asiatico e dell’India. Infine, il quinto gruppo è quello delle lingue creole e pidgin diffuse principalmente sulle coste dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano, e nate dal contatto tra le lingue locali e le lingue parlate dai commercianti provenienti da varie parti del mondo.

MULTILINGUISMO 

L’Africa è conosciuta anche per essere il continente con il maggior tasso di multilinguismo. Con questo termine si intende la coesistenza e / o l’utilizzo di più di una lingua su un dato territorio, nelle istituzioni, nella pratica collettiva e individuale. È bene fare una distinzione tra bilinguismo e multilinguismo in quanto, sebbene molti Stati africani abbiano due lingue ufficiali (come ad esempio l’Inglese e l’Afrikaans in Sud Africa), i loro abitanti spesso ne padroneggiano di più due.

In Africa possiamo individuare quattro tipi principali di multilinguismo:

        Territoriale: esistenza di più di una lingua in un dato territorio (locale, regionale, nazionale, internazionale) che può essere sia la pratica di vari monolinguismi isolati (multi-monolinguismo), sia la diffusione sovrapposta di più lingue sul territorio (Wolff)

        Istituzionale: pratica di più lingue nelle istituzioni pubbliche e private (amministrazione, comunicazione, educazione, etc.)

        Individuale: l’uso di più lingue da parte di un individuo, acquisite informalmente -contemporaneamente come prime lingue o successivamente come seconde lingue – o acquisite attraverso l’istruzione formale come lingue straniere (Wolff)

        Socioculturale: pratica collettiva di multilinguismo in comunità in cui il monolinguismo non è più praticato

Il multilinguismo spesso comporta la poliglossia, ovvero tende ad associare alle diverse lingue diversi gradi di prestigio e potere (il prestigio minore è quello associato alla prima lingua appresa in maniera informale, mentre il prestigio maggiore è quello associato alla lingua appresa durante l’educazione formale e usata dalle istituzioni). Questa discriminazione linguistica limita l’accesso al potere, alla politica e alle risorse economiche a favore di coloro che padroneggiano la lingua a cui è associato il maggior prestigio.

Ma perché in Africa il multilinguismo è così diffuso? Questo originariamente è dovuto alla frequente interazione tra popoli ed etnie diverse, oltre che all’acquisizione delle lingue dei coloni. Oggi il fenomeno del multilinguismo è in forte espansione grazie a diversi fattori socio-politico-culturali. Pensiamo ad esempio all’influenza dal turismo: in Kenya molte persone hanno imparato l’italiano e/o il tedesco a seguito del contatto costante con i numerosi turisti che popolano le coste del Paese durante tutto l’anno.

Con il tempo gli africani sono stati stimolati ad ampliare le loro competenze linguistiche e a cambiare lingua in base alla situazione o all’interlocutore. In Nigeria per esempio una persona può trovarsi a parlare ikwerre a casa e igbo quando contratta al mercato, la stessa persona  può poi incontrare un amico per strada e iniziare una conversazione in inglese pidgin nigeriano mentre la domenica partecipa ad una messa tenuta interamente in inglese.

IL RUOLO DELLE LINGUE COLONIALI

Spesso in Africa le lingue coloniali assumono lo stato di lingue ufficiali, pensiamo ad esempio all’inglese, al francese e al portoghese. Ma, anche quando assumono il ruolo di lingue ufficiali affiancandosi ad una o più lingue autoctone -come l’arabo in Somalia o lo swahili in Kenya- la lingua coloniale assume maggior prestigio rispetto alla lingua ufficiale locale. Inoltre, anche negli Stati in cui le lingue coloniali non sono riconosciute come lingue ufficiali, queste assumono comunque un ruolo di prestigio.

Un caso particolare è quello del Camerun, in cui ben due lingue coloniali assumono contemporaneamente il ruolo di lingua ufficiale. Questo Paese è diviso in due regioni linguistiche: la regione anglofona (al confine con la Nigeria) e la regione francofona, relegando di fatto le lingue locali ad avere un ruolo secondario.

Il fatto che gran parte dei Paesi africani adottino una lingua ereditata dai colonizzatori come lingua ufficiale rappresenta una delle più grandi anomalie linguistiche dell’Africa postcoloniale. Questo riflette la dipendenza politica dell’Africa dalle lingue coloniali: nella maggior parte dei Paesi le attività negli uffici governativi, nella legislatura e nel sistema giudiziario vengono condotte in una lingua europea. Inoltre, in Paesi come la Nigeria, il Ghana, il Mozambico, lo Zambia, lo Zimbabwe, l’Angola, l’Uganda, il Senegal e il Gabon, tutti i discorsi pubblici rivolti alla nazione sono tenuti nella lingua europea di riferimento. Per di più, il sistema educativo di molte nazioni africane si basa sulla supremazia delle lingue europee come mezzo di istruzione, considerando spesso le lingue indigene come indegne.

Ma non è solo l’eredità coloniale a determinare l’uso di lingue europee in Africa: ad esempio non tutti gli Stati africani francofoni sono ex colonie francesi mentre la R.D.Congo, che era una colonia belga, oggi è il più grande Paese francofono al mondo (essendo più grande della Francia stessa). 

Un politico africano, sebbene parli fluentemente più lingue africane, non potrà mai diventare un membro del Parlamento se non ha una conoscenza approfondita della lingua europea di maggior rilievo del suo Paese. Ci sono tutti i presupposti per affermare che, in un futuro non troppo lontano, il numero di persone che usano come mezzo di comunicazione una lingua europea supererà di gran lunga il numero di persone che utilizzano una lingua locale.

 

Attualmente l’inglese è la lingua più diffusa nel Continente che, sebbene sia la lingua ufficiale di meno Stati rispetto al francese, è parlata da una vasta fetta della popolazione anche nei Paesi francofoni. L’uso dell’inglese varia da Paese a Paese, in Liberia per esempio è la lingua utilizzata dallo Stato ma anche dal popolo, mentre in Tanzania l’inglese è utilizzato dal governo ma non dal popolo. Inoltre, esistono casi in cui l’inglese non risulta essere né la lingua adottata dal governo né tantomeno dalla società, ma viene utilizzato in certe aree in cui risulta avere un’essenziale importanza (come nel commercio, nel turismo, etc.).

LINGUE FRANCHE

Tra le lingue franche più diffuse in Africa troviamo l’arabo. Circa il 60% delle terre arabofone e della popolazione arabofona si trovano nel continente africano. L’arabo è la lingua ufficiale di tutti i Paesi del Nord Africa – Algeria, Egitto, Libia, Mauritania, Marocco, Sudan e Tunisia- ma è anche lingua co-ufficiale in alcuni Paesi come il Chad, le isole Comore, il Djibouti, l’Eritrea e la Somalia. Inoltre, l’arabo è la lingua dell’Islam e in quanto tale è diffusa in tutta l’Africa, in particolare nei contesti musulmani.

Altra lingua franca è lo swahili che risulta essere la seconda lingua più diffusa nel continente dopo l’arabo. Lo swahili viene utilizzato da decine di milioni di persone in Africa orientale, nello specifico in Paesi come il Kenya, la Tanzania, l’Uganda, il Congo, il Mozambico, la Somalia, il Rwanda e le isole Comore. Viene anche utilizzato dalle comunità provenienti da questi Paesi e migrate in Inghilterra, Canada, Oman ed Emirati Arabi.

La vasta diffusione di queste due lingue, il forte nazionalismo presente in alcuni Stati dove vengono praticate (es. Tanzania) e – per quanto riguarda l’arabo- la forte connessione con la religione, hanno fatto sì che riuscissero a sopravvivere all’egemonia dell’inglese.

In Africa occidentale è invece l’hausa a ricoprire il ruolo di lingua franca. Sebbene questa lingua sia originaria di Paesi quali la Nigeria, il Niger e il Chad, la diaspora delle popolazioni hausa ha fatto si che questa lingua si diffondesse anche in Benin, Cameroon, Ghana, Togo, Costa d’Avorio, Repubblica Centroafricana, Gabon e nel Sudan nord-occidentale. Altri esempi di lingue franche in Africa occidentale sono il wolof (parlato in Senegal, Gambia e Mauritania), il fulfulde (parlato in vari Paesi) e il dyula (parlato in Burkina Faso, Costa d’Avorio e in Mali).

In Africa meridionale troviamo invece il fanagalo, una lingua pidgin che evolve dallo zulu, usata come lingua franca in Sud Africa ma parlata anche in Zambia, Zimbabwe, Congo e Namibia.

Esistono anche lingue franche utilizzate più livello nazionale, tra queste troviamo l’amarico, utilizzato come lingua franca in Etiopia ma parlato anche in Eritrea e Djibouti.

Oltre alle lingue franche nate per comunicare a livello internazionale e intra-nazionale, esistono anche lingue franche sub-nazionali (che possono poi anche ricoprire un ruolo trans-nazionale), queste lingue sono utilizzate comunemente per le comunicazioni tra diversi gruppi etnici. In Nigeria l’hausa, l’igbo e lo yoruba costituiscono le tre lingue più diffuse e vengono utilizzate come lingue franche rispettivamente nella parte Nord (hausa), sud-est (igbo) e sud-ovest (yoruba) del Paese.

Un esempio particolare di lingua franca sub-nazionale è il luganda parlato in Uganda. Questa lingua, originaria della parte centrale del Paese e parlata dal gruppo etnico dei baganda (che costituisce il 16% della popolazione ugandese), inizia a diffondersi per via della forte urbanizzazione che ha fatto sì che molte persone non baganda si trasferissero nelle zone centrali del Paese (soprattutto nell’area di Kampala) e abbiano dovuto imparare il luganda in quanto lingua usata nel commercio e nei trasporti (Ssempuuma 2011).

Molte di queste lingue franche hanno ricevuto supporto in epoca coloniale al fine di ridurre il numero di lingue parlate nei territori per poter gestire meglio i bisogni amministrativi, educativi e missionari. Il colonialismo, l’Islam e i missionari cattolici hanno avuto un ruolo chiave nella trasformazione di queste lingue da orali a scritte. 

CONCLUSIONE

Concludendo possiamo dire che l’azione congiunta di vari fattori globali e condizionamenti locali ha influenzato e continua a influenzare il panorama linguistico africano. La ricchezza culturale dell’Africa si riflette infatti anche nel suo multilinguismo. L’Africa è stata, ed è tutt’ora, un’arena in cui la religione esercita una forte influenza sulla lingua, in particolare l’Islam e il Cristianesimo. Inoltre, anche se può sembrare strano, in Africa sono presenti più Paesi francofoni, anglofoni e lusofoni che nel resto del mondo. Eppure, sebbene l’inglese sia la lingua coloniale più diffusa nel continente, e benché sia in continua espansione geografica e demografica, gli africani continuano a considerarla una lingua straniera. Inoltre, possiamo affermare che -nonostante la fine del colonialismo- alcune forze egemoniche economiche, politiche e commerciali continuano ad influenzare la sfera linguistica africana. Questo dimostra che anche la lingua è un ambito che può costituire un campo di battaglia per la lotta al potere su scala globale.

A cura di Veronica Giordani

BIBLIOGRAFIA

-The Cambridge Handbook of African Linguistics (2019)

-The Oxford Handbook of African Languages (2020)

 

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