ScopriAMO il Burkina Faso: Intervista a Bintou, fondatrice dell’associazione “Villaggio della speranza” a sostegno delle donne e dei bambini del villaggio di Niaogho

“Mi chiamo Bintou, vengo dal Burkina Faso e vivo in Italia da 28 anni. Nel 2015 ho aperto un’associazione che si chiama “Villaggio della speranza” per aiutare le donne e i bambini del mio villaggio: Niaogho.

In particolare, aiuto i bambini orfani inviando denaro e/o materiale e acquistando attrezzature per l’ospedale, inoltre ho costruito due bagni per le donne del reparto di maternità.

Nel 2009 ho iniziato piano, piano ad aiutare le donne e i bambini del villaggio. Ogni anno vado in Burkina Faso e invece di stare in città (Ouagadougou, n.d.r.) sto nel villaggio per stare con loro e capire come vivono. Nonostante io sia nata li le cose sono cambiate molto.”

Quante lingue si parlano in Burkina Faso e quante ne parli tu?

In tutto il territorio del Burkina Faso si parlano 64 lingue, io le capisco ma riesco a parlarne solo 5: francese, bissa, more, dyula e barka. La lingua che viene insegnata a scuola è il francese.

Quante religioni ci sono?

Tre: musulmani, cristiani e protestanti.

Il Burkina Faso è un paese pericoloso?

No, in generale non è pericoloso, adesso fanno vedere che è pericoloso ma in realtà è a causa del nostro vicino, il Mali, le persone scappano da lì e si rifugiano nel nostro paese per via della guerra.

Tre cose da non fare mai in Burkina Faso?

Non bisogna mai ignorare le regole del Paese, mai. Se si va in Burkina e ci si comporta come se si fosse in Italia si potrebbero avere dei problemi. Il Burkina è un paese libero, ma mentre in Italia se ti ferma la polizia puoi rispondere come vuoi, li non puoi, non si può rispondere alle forze dell’ordine, farlo potrebbe crearti dei problemi. Inoltre, bisogna rispettare la cultura e non interferire con la politica.

Un consiglio per chi visita per la prima volta il Burkina Faso?

Il Paese è ormai aperto al turismo, le persone sono abituate ai turisti. Quando si va bisogna però prima di tutto capire le regole, chiedere a qualcuno che ti spieghi la cultura e il regolamento che c’è e rispettare quello che ti dicono di fare. Con il tempo si impara a capire cosa si può fare e cosa no, ma i primi giorni e bene prestare attenzione e cercare di capire come comportarsi.

Qual è stato il tuo primo impatto con l’Italia?

È passato tanto tempo da quando sono arrivata, ora l’Italia è cambiata. Prima quando una persona arrivava non era così facile: io ho dovuto lasciare mia figlia di tre anni indietro (in Burkina Faso) e quindi il mio pensiero era rimasto indietro con lei. L’Italia che ho visto è un paese bello, un paese di accoglienza però ho passato tanti anni a pensare a mia figlia. Quando, dopo cinque anni, sono riuscita a farla arrivare in Italia tutto è tornato a posto. Appena arrivata sono rimasta subito incinta e quando è nato lui (indica il figlio di fianco a lei, n.d.r.) le cose sono cambiate, ho iniziato ad integrarmi. Mio marito lavorava lontano da casa e io non parlavo bene l’italiano, ero sola senza nessuno, all’epoca c’erano pochi stranieri. Gli unici Burkinabé che c’erano in Italia erano lontani e all’epoca nessuno aveva la macchina. Quando è nato lui (il figlio, n.d.r.) e mio marito ha fatto la patente abbiamo cominciato a viaggiare a Milano e Brescia per andare a trovare i parenti e gli amici. Poi piano, piano ho iniziato a fare amicizia con gli italiani e le cose sono migliorate.

Cosa ti piace di più del Burkina Faso e cosa dell’Italia?

Il Burkina Faso è il mio paese natale e ti rimane nel cuore, anche se è un paese povero. Li siamo uniti fra di noi, la vita quotidiana la è diversa, è quello che mi manca sempre. Li ogni mattina ognuno va a trovare gli altri, condivide, si fanno due chiacchiere.

L’Italia mi piace perché è un paese accogliente, dove le persone aiutano il prossimo. Io mi sono sempre trovata bene.

Se potessi cosa cambieresti invece?

Dell’Italia non cambierei niente, ho fatto i miei figli qua, sono cresciuti, stanno bene, più di questo cosa posso volere.

Quello che posso dire è che avendo fatto tanti anni qui in Italia ho visto quello che vorrei cambiare nel mio paese, per questo anche ho creato la mia associazione: per cambiare le cose in Burkina Faso. Per esempio, la sanità li è una cosa disastrosa, quindi se posso fare qualcosa sarà cercare di migliorare la sanità.

Quale ti è sembrata la cosa più strana dell’Italia?

È difficile, ma la cosa più strana che penso è una: loro sono nati qui in Italia (i suoi figli, n.d.r.) e cresciuti qui ma anche dopo cinquant’anni gli italiani continueranno a vederli come africani del Burkina Faso. Tutto qua, sono nati qua, cresciuti qua sono italiani ma li vedranno sempre come stranieri.

Una cosa strana del Burkina Faso per un italiano invece, quale potrebbe essere?

La nostra povertà, tante cose che si possono vedere in Burkina Faso possono sembrare impossibili. Ad esempio, come dicevo, la sanità. Se una persona si ammala non ha magari neanche cinque euro per comprarsi le medicine, questo ad un italiano può sembrare impossibile. La sanità pubblica è allucinante, e quella privata se la può permettere solo chi ha i soldi. Per esempio, io ho costruito due bagni in maternità, prima avevano un posto dove potevano lavarsi ma era aperto, senza tetto. Poi si è distrutto tutto e le donne dopo aver partorito dovevano essere accompagnate a casa per far la doccia e poi tornare in ospedale. Uno dice:” Ma non è possibile, come si fa? Non è una cosa normale.”. Quindi quando sono tornata, tre anni fa, mi sono impegnata e ho costruito due bagni completi con pavimento, tetto e doccia.

Qual era la tua idea degli italiani prima di venire in Italia?

Mio marito era già in Italia da due anni, quindi gli chiedevo per sapere se si trovava bene, altrimenti non sarei partita. Lui mi diceva che gli italiani sono gentili, bravi. Quando è arrivato non aveva un posto dove andare, e la Caritas lo ha aiutato. Quindi mi sono sembrate da subito persone generose.

Qual è invece l’idea degli italiani della comunità Burkinabé?

Dove abito io, a Fiorenzuola, gli italiani sono contenti di noi Burkinabé perché rispettiamo le regole e abbiamo educato i nostri figli a rispettarle. Siamo integrati con la comunità.

Riesci a descrivermi il Burkina Faso?

È un paese meraviglioso, è bello veramente. Il popolo è gentile e accogliente, quello che mi piace è che siamo poveri ma con il cuore aperto per chi viene a casa nostra. Se vieni nel mio villaggio non hai bisogno di prenotare una casa, un hotel, etc. basta che vai li e dici di essere uno straniero che cerca un posto dove stare e trovi subito qualcuno che ti ospita a casa sua. Questo è il bello del Burkina, a me piace tanto, hanno le braccia aperte. Anche la cultura del Burkina è molto bella.

Qual è il ricordo più bello che hai del Burkina?

È la mia infanzia. Quando avevo 13, 14 anni era bellissimo: andavamo a prendere l’acqua nel fiume con il secchio in testa. Quando ci sei dentro magari non ti sembra speciale, ma adesso da qua è un ricordo che non dimentico mai. Le canzoni che cantavamo in quel periodo a volte le canto ancora, non le dimentico.

Se potessi scegliere dove vorresti vivere? In Burkina o in Italia?

In Burkina, a me piacerebbe vivere li anche adesso, l’Italia è un secondo paese per me ma il Burkina rimane nel mio cuore, ci sono nata, è normale. Mi manca molto. 

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INSTAGRAM https://www.instagram.com/niaogho/?hl=it

Intervista a cura di Veronica Giordani

 

 

 

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