La consapevolezza della necessità di celebrare il 21 marzo in piazza quest’anno è forte, condivisa, urgente. Persino le pratiche osservazioni in merito al fatto che, in tempo di pandemia, sarebbe forse opportuno essere cauti, limitando a non più di 6000 il numero di persone ammesse a partecipare alla marcia nella città designata come piazza nazionale di incontro dei manifestanti nel 2022, Napoli, vengono travolte dal numero di mail, telefonate, messaggi di chi prega che venga permesso a quanti lo desidereranno, dopo due anni di inevitabile fermo a causa della inaspettata comparsa e  quanto mai sgradita permanenza del Covid nella nostra vita di scendere in piazza per urlare a gran voce che, come affermato da Luigi Ciotti, presidente di Libera, “la variante più grave del Covid è la criminalità”, e che non staremo a guardare mentre cerca di penetrare sempre più in profondità in una società piegata e piagata da un crescente disagio economico, psicologico e sociale.

Così, a ventisette anni dalla prima Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promossa da Libera, sono in 100mila, secondo gli organizzatori, a sfilare tra le vie di Napoli, soprattutto giovani e giovanissimi. In prima fila marciano i familiari delle persone la cui vita è stata stroncata da quel male sociale il cui contrasto non può non impegnare ciascuno di noi; a pochi passi di distanza, camminano compatti, reggendo un immenso bandierone con i colori dell’arcobaleno della pace, i ragazzi di Amunì – e tutte le sue declinazioni dialettali diffuse sul territorio nazionale – per i quali il 21 marzo è una, senz’altro tra le più significative, delle tappe in un percorso di presa di coscienza dell’esistenza di realtà altre rispetto a quelle di provenienza e di partecipazione ad attività volte alla costruzione di un rinnovato senso civico.

Da Torino a Messina, da Genova a Roma e Palermo, una trentina tra ragazzi e ragazze si sono ritrovati a Napoli, accompagnati da quegli adulti che li guidano ed aiutano ad affrontare questo loro personalissimo viaggio, materiale e morale, per partecipare, nei tre giorni precedenti il 21 marzo, ad incontri, quale quello, durante la sera del venerdì, con Lorenzo Clemente -marito di Silvia Ruotolo, assassinata dalla camorra nel 1997, a soli 39 anni, quando venne colpita da uno dei 40 proiettili destinati da un commando camorristico ad un esponente di un clan rivale – ed il dialogo, il giorno successivo, con Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare nazionale antimafia e don Ciotti, in occasione del ventottesimo anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana presso il centro a lui intitolato, a Casal di Principe, dove i ragazzi hanno trascorso l’intera mattinata e, nel pomeriggio, con Samuele Ciambriello, garante campano dei diritti dei detenuti, ed attività mirate a far scoprire realtà troppo spesso condannate dall’attribuzione di etichette tanto semplicistiche da divenire discriminatorie: emblematico è il caso di Scampia, dove i ragazzi hanno trascorso l’intera domenica, tra una partita di calcio, nell’ambito del progetto “D(i)ritti in Rete”, ed una visita guidata durante la quale sono state condivise la storia e le storie del quartiere.

Tutte, senza ombra di dubbio, esperienze intense e di forte impatto emotivo, rese vive dall’inscindibile binomio di una comunicazione che si fa condivisione di sofferenze, di dolori, ma anche e soprattutto di storie di riscatto e di rinascita: in una parola, condivisione di esistenze, di vite in divenire il cui destino non è mai irrimediabilmente segnato.

Infine, nella mattina del lunedì, la partecipazione alla marcia che ha riempito il cuore di Napoli con i corpi, le voci, i colori del corteo, snodatosi tra le vie del centro cittadino, sino a Piazza del Plebiscito, dove don Ciotti ha reclamato la necessità di conoscere ciò che è stato, per le 1055 vittime innocenti, le loro famiglie e la società tutta, perché, se è vero, così come scritto da Josè Saramago, che “noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo”, è necessario che tale memoria sia sgomberata da dubbi, insinuazioni e ombre, affinchè diventi nel presente e per il futuro una Verità,  limpida ed indispensabile perché sia davvero fatta Giustizia.